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Il COVID-19 ha avuto gravi effetti sul mondo del lavoro privato a causa del blocco di molte attività commerciali e industriali. Nell’ottica di salvaguardare tutti i posti di lavoro il Governo, oltre alla previsione di una C.I.G. straordinaria, ha stabilito il c.d. blocco dei licenziamenti.
L’art. 46 del decreto Cura Italia prevede che dal 17 marzo 2020 al 16 maggio 2020, siano bloccate le procedure di riduzione collettiva del personale, nonché i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966.
In effetti la chiusura obbligatoria di molte attività avrebbe potuto essere la motivazione per un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Tale disposizione non impedisce certamente tutti i tipi licenziamento. Infatti la legge n. 604/1966 richiamata, in materia di giustificato motivo oggettivo, si riferisce solamente a ragioni inerenti l’attività produttiva e ragioni inerenti il regolare funzionamento dell’attività.
Sono escluse dal blocco e sono quindi possibili le seguenti ipotesi di licenziamento:
1. i licenziamenti per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo;
2. i licenziamenti per raggiungimento del limite di età per la fruizione della pensione di vecchiaia e per la quota 100;
3. i licenziamenti dovuti al superamento del periodo di comporto e per inidoneità;
4. i licenziamenti dei dirigenti;
5. i licenziamenti dei lavoratori domestici;
6. la risoluzione del rapporto di apprendistato.
Come sinteticamente abbiamo visto, anche se mediaticamente è passato il messaggio del c.d. blocco dei licenziamenti, in questo periodo sono proibiti solamente i licenziamenti per ragioni inerenti l’attività produttiva e il regolare funzionamento della stessa. Tutti gli altri sono, come sempre, consentiti.