L’art. 2110 c.c. tutela la malattia del lavoratore prevedendo un periodo di conservazione del posto in cui vige per il datore di lavoro il divieto di licenziamento.
Tale periodo è meglio noto come periodo di comporto ed è regolato dalla legge e dai CCNL di settore.
Infatti se è pur vero che a malattia di per sé crea intralcio all’organizzazione e all’attività dell’imprenditore, si è stabilito che le tutele della salute del lavoratore siano prevalenti rispetto le esigenze della produzione.
Tuttavia, secondo l’orientamento del Tribunale di Milano (Trib. Milano 15/12/2015 n. 3426 e Trib. Milano 19/01/2015 n. 1341), avvalorato anche da un precedente della Cassazione (Cass. 18678/2014), le assenze del lavoratore, anche se incolpevoli e senza superare il periodo di comporto, possono legittimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora, per le modalità con cui si realizzano, sono tali da incidere negativamente sull’attività produttiva, sull’organizzazione del lavoro e sul regolare funzionamento dell’impresa.
Si tratta dell’ipotesi della cosiddetta ”eccessiva morbilità” che secondo il tradizionale orientamento non poteva dar luogo a licenziamento in quanto in questi casi doveva trovare applicazione unicamente l’art. 2110 c.c., con la conseguenza che il datore di lavoro non poteva recedere dal rapporto prima del superamento del periodo di comporto.
Ora invece sia la Suprema Corte che la giurisprudenza di merito ritiene possibile, in caso di eccessiva morbilità, irrogare il licenziamento anche prima del superamento del comporto, se le modalità con cui le assenze si verificano (assenze a macchia di leopardo, brevi e reiterate, spesso agganciate a giorni di riposo festività o comunicate all’ultimo momento) danno luogo ad una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile per la società, risultando la stessa inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale.
Ricordo che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 L. 604/1966 può essere intimato per fatti relativi all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Tali fatti possono riguardare, fra le varie ipotesi, anche fatti attinenti alla sfera del lavoratore purché rilevanti sul contesto aziendale.
L’art. 2110 c.c impone infatti al datore di lavoro un sacrificio ordinario per via della malattia. Ma nel caso di reiterate assenze, irregolari e a scacchiera, il sacrificio organizzativo imposto al datore di lavoro sarebbe eccezionale e straordinario, per cui le assenze così nocive non ricadrebbero nella finalità di protezione prevista dall’art. 2110 c.c..
In questi casi il lavoratore è licenziabile anche quando non abbia superato il periodo di comporto.