Il decreto “cura Italia” all’art. 56 prevede una serie di misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19 ed in particolare, tra le altre, al comma 2, lettera c, stabilisce la possibilità di sospendere, su richiesta dell’impresa, i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale sino al 30 settembre 2020.
Peccato però che il comma 4 del medesimo art. 56 preveda testualmente che: “possono beneficiare delle misure di cui al comma 2 le Imprese le cui esposizioni debitorie non siano, alla data di pubblicazione del presente decreto, classificate come esposizioni creditizie deteriorate”.
Le esposizioni creditizie deteriorate sono quei crediti degli istituti di credito nei confronti delle imprese che abbiano dimostrato di non essere in grado di adempiere puntualmente alle obbligazioni contrattuali. Si definiscono deteriorate le esposizioni che rientrano nella categoria “nonperforming”, che a seconda della gravità vengono inserite in tre sottocategorie:
sofferenze – inadempienze probabili – esposizioni scadute e/o sconfinamenti.
In buona sostanza, quindi, quelle imprese che alla data di pubblicazione del decreto “cura Italia” avevano delle esposizioni che la banca aveva classificato come deteriorate, si vedranno negare, molto probabilmente, la sospensione dei mutui e dei finanziamenti.
Sinceramente non comprendo le ragioni che abbiano indotto il Governo ad una simile scelta, ma le conseguenze mi sembrano abbastanza evidenti e drammatiche.
Se un’impresa era già in difficoltà (come una larga parte delle micro, piccole e medie imprese italiane) e viene pure esclusa dalla sospensione delle esposizioni debitorie con gli istituti di credito, come potrà affrontare la terribile crisi economica del momento?
A mio parere, le imprese dovrebbero comunque richiedere formalmente e con le giuste motivazioni la sospensione di mutui e finanziamenti e, in caso di risposta negativa, contestare alla banca la decisione e l’inserimento del proprio debito nella categoria “nonperforming”.