In questi giorni, in seguito alle misure assunte per contrastare il Coronavirus, assistiamo sempre più frequentemente alla richiesta di riduzione del canone di affitto da parte dei conduttori di immobili ad uso diverso da abitativo e dunque ad un aumento del rischio di “inadempimento contrattuale” da parte di coloro che hanno assunto, in buona fede ed in tempi non sospetti, obbligazioni commerciali.
Ma quali strade possono percorrere i conduttori che si trovino in tale situazione di difficoltà?
Le vie da seguire possono essere diverse.
In realtà, appare davvero difficile sostenere il diritto del conduttore ad una riduzione automatica del canone! Potrà, certamente, chiedere, per le vie ordinarie, una diminuzione del canone per il periodo di crisi, eventualmente da concordare in via amichevole con il proprietario. In mancanza di un accordo, rimarrà però solo la via giudiziale sostenendo una delle seguenti ipotesi:
1. la Legge sulle Locazioni del ’78, prevede che, per gravi motivi, il conduttore possa recedere dal contratto, con preavviso di 6 mesi. Ciò avrebbe però come conseguenza la cessazione dell’attività quando, invece, magari, la crisi da Coronavirus potrebbe anche concludersi nell’arco di qualche settimana, e, comunque il canone andrebbe pagato per ulteriori sei mesi;
2. “impossibilità parziale sopravvenuta”, prevede la possibilità della riduzione del canone presupponendo comunque anche l’impossibilità parziale della prestazione del locatore e cioè la violazione da parte dello stesso proprietario di consegnare e mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo l’uso contrattualmente stabilito;
3. “eccessiva onerosità sopravvenuta”, comporta la pretesa di risoluzione del contratto da parte del conduttore, in modo definitivo, evitando però il preavviso di 6 mesi per gravi motivi;
4. “impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione” e quindi al pagamento del canone; si tratta solo di una posticipazione dell’obbligo di pagamento e non di una sua esclusione;
5. “impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta”, cioè di pagare il canone, quando la stessa sia divenuta impossibile solo in parte; in questo caso il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile.